13 agosto 2021

La certezza del cambiamento: evoluzione dell'accesso degli investitori alla Cina

Secondo Dina Ting, head of Global Index Portfolio Management Team di Franklin Templeton, l'imprevedibilità delle politiche e degli interventi governativi nei singoli Paesi può portare alla disaggregazione dell'esposizione internazionale

Da tempo l'imprevedibilità delle politiche e degli interventi governativi nei singoli Paesi è una delle principali ragioni per cui gli investitori istituzionali scelgono di disaggregare l'esposizione internazionale. I mercati di oggi non sono diversi, poiché le recenti mosse del governo cinese nel bilanciare l'agenda sociale (introduzione di misure antimonopolitische, per la sicurezza dei dati e dirette a settori specifici) con la crescita hanno provocato una forte reazione degli investitori e alimentato l'agitazione sui mercati. Apparentemente la recente stretta normativa rientra nel piano di Pechino per trasformare la Cina in "un'economia socialista modernizzata" e raggiungere obiettivi quali prosperità generale, sviluppo green e autosufficienza in relazione a tecnologie e settori strategici. La determinazione del governo dovrebbe rivelarsi positiva per l'economia cinese in un'ottica di lungo periodo, ma le ultime modifiche al quadro normativo rappresentano un nuovo ostacolo per gli investitori, che faticano a capire quali saranno le ripercussioni del recente giro di vite sui loro investimenti in Cina.

Come illustrato nell'ultimo aggiornamento del team Emerging Markets Equity di Franklin Templeton, una delle principali variazioni alla regolamentazione riguarda la messa al bando delle Variable interest entity (Vie), uno strumento con cui gli investitori esteri potevano accedere al segmento del tutoring doposcuola. Di conseguenza, la valutazione dell'esposizione dei veicoli d’investimento alle aziende cinesi ha catalizzato l'attenzione. Il divieto delle Vie nell'area del tutoring doposcuola ha alimentato i timori degli investitori circa l'attuazione a sorpresa di misure analoghe in altri settori, con il conseguente aumento della volatilità sul mercato cinese. Il segmento del tutoring doposcuola (che rappresenta meno dello 0,5% dell'indice) ha evidenziato una flessione media del 74% in luglio, mentre il Ftse China Ric Capped Index ha ceduto il 13,4% nei tre giorni successivi all'annuncio delle nuove norme, per poi recuperare il 5,5% sempre nell'arco di tre giorni (fonte: Bloomberg, al 1 agosto 2021). Chiaramente, la Cina è impegnata a ridefinire i termini (ambigui) per la partecipazione degli investitori esteri sul mercato locale, ma non crediamo che l'attuale inasprimento della regolamentazione segnerà l'uscita di scena delle Vie o rappresenterà un impedimento significativo agli investimenti esteri, in generale.

Mentre il 61% del Ftse China Ric Capped Index fa affidamento sulle Vie ed è quindi esposto a possibili nuove modifiche alla regolamentazione, un ulteriore 16% è investito mediante A-share cinesi. A confronto, l'Msci China Index è composto per il 65% da Vie e per il 14% da A-share cinesi (fonte: Bloomberg, al 29 luglio 2021). Le A-share cinesi, inserite in numerosi indici estesi nel 2018, sono una classe di azioni relativamente nuova per gli investitori Usa e hanno permesso un importante passo avanti in termini di investimenti diretti nelle aziende cinesi. Attualmente, il livello di inclusione delle A-share cinesi negli indici FTSE è pari al 25%, pertanto ci aspettiamo che il peso di tali titoli aumenti in futuro.

Siamo tuttora ottimisti circa le opzioni a disposizione degli operatori esteri per investire in Cina, ma ci aspettiamo una prosecuzione del ciclo di inasprimento normativo, visto che il governo intende accrescere l'equità sociale e la stabilità. Quello illustrato nel presente approfondimento è un esempio calzante del "fattore Paese" che, a nostro avviso, supporta la decisione di disaggregare l'esposizione azionaria internazionale in favore di strategie dìinvestimento incentrate sui singoli Paesi. Data la sua capitalizzazione di mercato, la Cina rappresenta ben il 41% del Ftse Emerging Markets Index e il 37% dell'Msci Emerging Markets (fonte: Morningstar, al 30 luglio 2021). Tuttavia, la scelta di affidarsi solo al successo economico delle aziende in uno specifico Paese ai fini della determinazione del relativo peso in un indice potrebbe rivelarsi poco lungimirante.

Fattori macroeconomici e geopolitici come regolamentazione, scambi commerciali, politiche fiscali e sociali contribuiscono alla determinazione delle prospettive di crescita e della traiettoria dell'economia di un Paese, nonché del suo posizionamento competitivo sui mercati globali. Verosimilmente, tali fattori acquisiranno maggiore rilevanza negli anni a venire e gli investitori dovranno adeguare la strategia d’investimento al fine di bilanciare rischio e rendimento. È importante che gli investitori siano consapevoli della gamma di rischi e opportunità unica offerta da ciascun Paese e dell'eventuale necessità di disaggregare l'esposizione al mercato esteso in favore di un'allocazione ai singoli Paesi, al fine di ottenere risultati migliori.
(Articolo a cura di Dina Ting, head of Global Index Portfolio Management Team di Franklin Templeton)