01 ottobre 2024
Cina: tentativo di svolta
Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS WM Italy, fa una disamina del mercato cinese pre e post Covid 19 e delle opportunità che l’azionario presenta dopo i recenti significativi interventi della PBoC
Dopo un lungo periodo in cui è rimasto all’angolo, il mercato cinese ha registrato un rimbalzo la scorsa settimana grazie alle misure espansive annunciate dalla People’s Bank of China (PBoC) e alle aspettative di stimoli fiscali. Dall’inizio dell’anno, tuttavia, l’indice cinese CSI 300 ha sottoperformato le Borse globali di quasi il 10%. Per valutare meglio la situazione attuale, è necessario fare un passo indietro.
La Cina da sola genera oltre un quinto del prodotto interno lordo (Pil) globale, è indubbiamente una potenza geopolitica e, in molte aree, si colloca tra i leader tecnologici mondiali. Ciononostante, il suo mercato azionario genera spesso visioni controverse, con conclusioni diverse a seconda della prospettiva da cui lo si osserva. Infatti, il suo peso sui mercati finanziari è molto inferiore alla rilevanza economica: in particolare, in campo azionario la Cina rappresenta solo il 3% dell’indice Msci ACWI per via del minor ricorso alla Borsa, della maggior presenza di società controllate dallo Stato e anche delle valutazioni particolarmente basse, nonostante gli indici che la rappresentano siano fortemente esposti alla tecnologia, che tipicamente presenta multipli più elevati.
Se pensiamo agli ultimi decenni, la crescita è stata notevole, anche grazie alla crescente apertura agli investitori stranieri, ma nel 2021 sono cominciate le difficoltà in seguito a un inasprimento della regolamentazione in alcuni settori chiave: Internet, istruzione privata e immobiliare, per citarne alcuni. In seguito, gli investitori sono stati delusi da una ripresa più anemica del previsto dopo la rimozione delle politiche zero Covid e, da ultimo, la Cina sta faticando a digerire un periodo di elevati investimenti nel settore immobiliare, che rimane in seria difficoltà.
Proprio il settore immobiliare sembra essere il principale freno quest’anno. Infatti, pochi giorni fa i nostri colleghi in Cina hanno visitato alcune tra le principali società del settore immobiliare a Shenzhen (Vanke, Onewo, CR Mixc, E-star) e un importante agente immobiliare. Gli incontri indicano un mercato fragile, soprattutto per via dell’andamento anemico dei redditi e, per quanto riguarda le nuove costruzioni, i timori riguardo al completamento e alla qualità delle abitazioni. Ma, dopo diversi mesi di attesa, la settimana scorsa le autorità hanno però messo in campo una serie di importanti misure, seppur inferiori per dimensione ai pacchetti del passato.
Il Politburo ha discusso per la prima volta di come stabilizzare il mercato immobiliare, mentre la PBoC ha annunciato una corposa riduzione dei tassi d’interesse, una diminuzione delle riserve obbligatorie delle banche (per aumentare la liquidità in circolazione) e un allentamento dei parametri sui mutui, lasciando la porta aperta a ulteriori stimoli.
Nello specifico del settore immobiliare, i tassi ipotecari sulle case esistenti sono stati ridotti di mezzo punto percentuale e l’acconto minimo per gli acquirenti di seconde case è stato ridotto dal 25 al 15%, consentendo alle banche di finanziare una parte maggiore del valore degli immobili.
Sicuramente questi interventi avranno degli effetti positivi, ma non è ancora chiaro se saranno sufficienti. Probabilmente serviranno anche stimoli fiscali che potrebbero essere annunciati già nei prossimi giorni, soprattutto se il Pil del terzo trimestre rimarrà sotto il 5%, che al momento rimane il target del governo.
I probabili interventi fiscali potrebbero comprendere incentivi per l'edilizia abitativa, per esempio favorendo interventi migliorativi, e miglioramenti della rete di welfare sociale, inclusi sanità, istruzione, nonché assistenza per anziani e bambini. Alcuni osservatori hanno anche suggerito di sospendere l’offerta di alloggi sociali (oltre 8 milioni di unità in un solo anno), poiché ha cannibalizzato il mercato delle locazioni.
Il mercato ha reagito in modo molto positivo anche perché la Borsa cinese presenta un forte sconto rispetto a quasi tutti gli altri mercati, trattando a un multiplo degli utili che è vicino alla metà rispetto alla Borsa statunitense, nonostante una composizione settoriale non così diversa. L’indice Msci China è infatti composto per oltre un terzo da titoli tecnologici, con leader globali come Alibaba, Tencent e Baidu.
Il rapporto con gli Stati Uniti rimane molto complesso e si registrano tensioni su diversi livelli, dalle posizioni geopolitiche con riguardo alla Russia e nell’area del Pacifico, fino ai rapporti commerciali caratterizzati da dazi e limitazioni crescenti. Considerando il ruolo prominente degli Stati Uniti sui mercati finanziari, proprio la geopolitica potrebbe avere un’influenza determinante sull’andamento della Borsa cinese.
Dall’anno scorso si sono registrati deflussi dal mercato azionario: molti investitori esteri hanno evidentemente ridotto le proprie posizioni, anche per via del potenziale rischio di restrizioni agli investimenti nel Paese a fronte di una situazione geopolitica particolarmente tesa. Da questo punto di vista, le elezioni negli Stati Uniti potrebbero portare a una diversa percezione.
Normalmente i mercati emergenti sono avvantaggiati nei periodi nei quali la Federal Reserve taglia i tassi d’interesse, ma non è detto che sia così anche questa volta, almeno fintanto che la situazione geopolitica resterà così spinosa. Per questo, abbiamo un posizionamento neutrale sull’azionario emergente.
Per ora non abbiamo posizioni particolarmente sbilanciate sulla Borsa cinese, anche se osserviamo che le società tecnologiche offrono multipli particolarmente compressi. I leader del settore sembrano anche posizionati per beneficiare di tendenze strutturali come l'intelligenza artificiale, mentre la Cina lavora per costruire il proprio ecosistema.
(Articolo a cura di Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer, UBS WM Italy, UBS Europe SE, Succursale Italia)